«Mi chiamo Flor, ho undici anni, e sono qui perché penso che mio padre ammazzerà mia madre». Gelsomina Settembre detta Mina, assistente sociale di un consultorio sottofinanziato nei Quartieri Spagnoli di Napoli, è costretta a occuparsi di casi senza giustizia. La affiancano alcuni tipi caratteristici con cui forma un improvvisato, e un po’ buffo, gruppo di intervento in ambienti dominati da regole diverse dall’ordine ufficiale. Domenico Gammardella «chiamami Mimmo», bello come Robert Redford, con un fascino del tutto involontario e una buona volontà spesso frustrata; «Rudy» Trapanese, il portiere dello stabile che si sente irresistibile e quando parla sembra rivolgersi con lo sguardo solo alle belle forme di Mina; e, più di lato, il magistrato De Carolis, antipatico presuntuoso ma quello che alla fine prova a conciliare le leggi con la giustizia. Vengono trascinati in due corse contro il tempo più o meno parallele. Ma di una sola di esse sono consapevoli. Mentre Mina, a cui non mancano i problemi personali, si dedica a una rischiosa avventura per salvare due vite, un vendicatore, che segue uno schema incomprensibile, stringe intorno a lei una spirale di sangue. La causa è qualcosa di sepolto nel passato remoto. Il magistrato De Carolis deve capire tutto prima che arrivi l’ultima delle dodici rose rosse che, un giorno dopo l’altro, uno sconosciuto invia. Mina Settembre e gli altri sono figure che Maurizio de Giovanni ha già messo alla prova in un paio di racconti.
Una battaglia quotidiana contro un destino che sembra segnato. La voglia di riguadagnarsi una possibilità, scavando a mani nude nella roccia del pregiudizio e dell’egoismo.
Mina lo sa di essere solo una semplice assistente sociale di un fatiscente consultorio sottofinanziato nei Quartieri Spagnoli di Napoli costretta a occuparsi dei casi senza giustizia. Ma Mina (Gelsomina) Settembre in quello che fa ci crede veramente fino in fondo ecco perché nulla potrà potrà fermarla da aiutare una ragazzina e la madre vittime di un marito violento. Non conta se lei potrebbe essere uccisa perché l’uomo è un boss spietato, per Mina conta solo sapere di essere la sola e unica speranza per una madre e sua figlia. E mentre Mina si preoccupa per le due donne qualcuno invece sta seminando morte vicino a lei. Un romanzo, una storia e un thriller, il tutto ben dosato e amalgamato ma soprattutto, tra le righe, una meravigliosa testimonianza di altruismo e umanità. Quella che viene raccontata in modo sardonico non è solo una storia ma una realtà attuale, una realtà di povertà ma anche di solidarietà, dove chi possiede poco è disposto a dividerlo o a cederlo pur di aiutare qualcuno a cui vuole bene. E’ anche una storia di amicizia, di quelle che dal di fuori non si possono capire ma che per chi la vive sa di non poterne fare a meno. E’ il racconto di un popolo, fatto di nulla ma ricco di tanto, amato e denigrato da tutti, deriso e imitato ma alla fine un popolo che rimane nel cuore di ogni persona che ne entra in contatto. Un libro scritto in maniera magistrale, che trascina il lettore tra i vicoli dei quartieri e gli androni dei palazzi. Un racconto che fa sorridere e ridere ma che fa anche riflettere sulle condizioni della nostra società, su come spesso le apparenze ingannino e sul fatto che di persone buone il mondo ne è pieno. E poi, come dare torto al grande Totò quando diceva: “A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana.”.
Titolo: Dodici rose a Settembre
Autore: Maurizio de Giovanni
Genere: Narrativa Contemporanea
Pubblicazione: 29 Agosto 2019
N° pagine: 271
Casa Editrice: Sellerio editore Palermo