All’indomani della vittoria di Franco, il piccolo paesino di Gexto, nei Paesi Baschi, è un luogo paralizzato dalla paura: rappresaglie ed esecuzioni da parte di “quelli della Falange” sono all’ordine del giorno, e poco a poco gli uomini stanno scomparendo: alcuni sono caduti in guerra, altri vengono portati via in passeggiate dalle quali non si fa più ritorno, oppure fucilati di fronte alle loro famiglie, fra le grida delle loro donne. Ma chi c’è dall’altra parte? Altri uomini. Questa è la storia di Rogelio Cerón, uno di loro, un falangista ventenne che fa quello che fa senza sapere bene perché. Un giorno uccide un maestro repubblicano sotto lo sguardo del figlio, un bambino di dieci anni; per lui niente sarà mai più lo stesso, quegli occhi gli rimarranno impressi nella memoria per sempre: occhi fissi, freddi, che non piangono, ma che promettono vendetta. Trent’anni dopo, gli abitanti del paesino si chiederanno quale mistero si celi dietro la figura solitaria del “pover’uomo della baracca”, che da molto tempo conduce una vita da eremita prendendosi cura di un albero di fico, sopportando in silenzio l’assedio di un vicino convinto che sotto la pianta ci sia un tesoro. Cosa si nasconde, realmente, sotto quell’albero? Qual è il suo significato?
Recensione
Esce oggi per Fazi “L’Albero della vergogna” di Ramiro Pinilla, un romanzo denso di pathos che mixa sapientemente realtà e finzione: l’ autore, partendo proprio dal suo paese natio, racconta una storia ricca ed emozionante sull’ eterna dicotomia tra vendetta e perdono.
Il racconto parte proprio da Getxo, il paese dove Punilla ha vissuto per tutta la sua vita e si snoda attorno alla figura di Rogelio: conosceremo questo luogo attraverso gli occhi di colui che si muove come se fosse animato da dei fili invisibili. Un burattino nelle mani dei Falangisti che agisce in base a degli ordini senza domandarsi mai il perché.
Un atmosfera densa di paura, generata dalle continue esecuzioni e rappresaglie che paralizzano l’ intera cittadina, è quella che avvolge la prima parte del racconto: le attente descrizioni ci portano lì, dove tutto è in balia di una milizia che uccide in nome di ideologie estreme di chiara ascendenza fascista.
Ed è così che il nostro protagonista vive la sua gioventu, aderendo ad un monumento che con la forza bruta ha soggiogato un intero paese.
Non si domanda mai il perché di quegli ordini di morte: lui, così assertivo, obbedisce, senza se e senza ma, a ciò che gli viene detto di fare.
E continua così fino ad incontrare l’ultima sua vittima e il suo piccolo ma coraggioso figlio che non dimentichera’ mai l’uomo che stravolse la sua vita, uccidendo senza pietà il suo amato padre.
Da qui il tempo scorre veloce, facendo un salto temporale di 30 anni e ritrovandosi nello stesso paesino ma con una figura misteriosa ad attenderci. Chi è quell’ uomo che vive in totale isolamento dedito solo alla cura di un albero di fico?
Un romanzo che intreccia presente e passato, con uno stile narrattivo semplice, pulito ed asciutto, senza fronzoli ed orpelli narrattivi ma accurato ed elegante, a tratti poetico che ti trasporta in un luogo dove storia reale e finzione si fondono dando vita ad un racconto struggente ed emozionante.
Una storia potente sulla vendetta e sul perdono, sulle sconfitte e le umiliazioni, sulla memoria di un popolo, le ferite di un’intera generazione e la forza dirompente della Storia, che entra nella quotidianità e la stravolge.
Copia per la recensione fornita da Fazi.
Titolo: L’ Albero della vergogna
Autore: Ramiro Pinilla
Genere: Narrativa
Pubblicazione: 27/02/2020
Casa Editrice: Fazi