California, anno 419 della Fratellanza dell’Uomo, XXVI secolo dell’era volgare. Lo storico Anthony Meredith ritrova nascosto nel tronco di una quercia il Manoscritto che Avis, moglie e compagna del rivoluzionario Ernest Everhard, ha lasciato incompiuto nel 1932, prima di essere giustiziata dai Mercenari dell’Oligarchia. Nelle pagine scrupolosamente annotate da Meredith si narrano «gli anni turbolenti compresi fra il 1912 e il 1932», quando Stati Uniti, Canada, Messico e Cuba sono schiacciati sotto il “tallone di ferro” di una dittatura protofascista e un manipolo di coraggiosi rivoluzionari tenta, invano, di rovesciarla. Il momento culminante è la carneficina della Comune di Chicago (episodio in cui confluiscono le suggestioni della rivoluzione russa del 1905 e del terremoto di San Francisco del 1906). Sopravvissuta alla prigione e al massacro, protetta da una nuova identità, Avis rievoca gli astratti furori di Everhard e la violenza perfettamente orchestrata dell’Oligarchia in maniera vivida, con una totale adesione sentimentale che – chiosa Meredith – «restituisce la percezione in diretta di quell’epoca terribile». Capostipite dei grandi romanzi del Novecento utopico-distopici, Il Tallone di Ferro (1908) anticipa gli orrori dei totalitarismi che di lì a poco avrebbero segnato la storia mondiale, e se da un lato svela tutta l’ambiguità poetica del sogno socialista di Jack London, dall’altro è una lettura di notevole forza icastica, tuttora capace di lasciare senza fiato.
Recensione
Il tallone di ferro (The Iron Heel) è un romanzo fantapolitico di Jack London pubblicato nel 1907, considerato come la primissima forma di romanzo distopico moderno.
Si narra infatti che, in un mondo futuristico, lo storico Anthony Meredith ritrovasse il manoscritto Everhard, scritto da Avis, moglie del rivoluzionario Ernest Everhard in cui si narrano, a posteriori, le vicende accadute tra il 1912 e il 1917.
Nel suo diario Avis Everhard, la protagonista, racconta in prima persona le ingiustizie e i soprusi perpetrati alla povera gente negli Stati Uniti, al tempo della Comune di Chicago. Lei, viziata rampolla di una famiglia aristocratica, si innamora di Ernest Everhard, giovane rivoluzionario socialista, maniscalco e filosofo che le apre gli occhi, portandola alla consapevolezza dello sfruttamento “selvaggio” della classe povera e del predominio di un gruppo ristretto di persone che in sordina si arricchiva indebitamente.
London, sfruttando la scrittura romanzata racconta del nascente Partito Socialista, e, usando l’espediente che il romanzo non è altro che il manoscritto redatto da Avis Everhard, colloca il suo ritrovamento in un lontano futuro in cui la dittatura del tallone di ferro è stata sconfitta.
Il romanzo si interrompe bruscamente, quasi come se quel diario fosse stato strappato via da chi lo stesse scrivendo e comunicando al lettore che questa storia potrebbe essere ambientata in qualunque luogo e in qualunque tempo,tanto appaiono veritieri e fondati i fatti narrati.
Lo stile narrativo riporta il linguaggio dell’ epoca in cui venne scritto il romanzo: elegante, accurato a volte “datato” a tratti sembra rallentare la lettura e lo scorrere delle vicende.
Ma arrivati alla sua metà le storia prende vita attraverso i racconti avvincenti di Avis in cui scene d’ azione, intrighi ed inaspettate rivelazioni fanno decollare il racconto fino agli intensi capitoli finali.
I toni spesso veementi, mutuati dai comizi e dalla preminente ideologia socialista, rendono il romanzo un mix tra generi.
Un Manifesto ideologico che getta la basi per catastrofiche distopie del futuro, scenari tanto crudi e perturbanti quanto reali e spaventosi perche’ credibili, proprio come le vicende del tallone triste preludio a eventi realmente accaduti.
Copia per la recensione fornita da Mondadori.
Titolo: Il tallone di ferro
Autore: Jack London
Genere: Fantapolitico/distopico
Pubblicazione: 12 maggio 2020
N° pagine: 297
Casa Editrice: Mondadori