Non ingombrare, non essere ingombranti: è l’unica prospettiva che si possa contare fra quelle positive, efficaci, forse anche moralmente e politicamente buone. Gabriele Romagnoli ha avuto modo di pensarci in Corea, mentre era virtualmente morto, chiuso in una cassa di legno, per un bizzarro rito-esperimento. Nel silenzio claustrofobico di quella bara, con addosso solo una vestaglia senza tasche (perché, come si dice a Napoli, “l’ultimo vestito è senza tasche”), arrivano le storie, le riflessioni, i pensieri ossessivi che hanno a che fare con la moderazione. Il bagaglio a mano, per esempio. Un bagaglio che chiede l’indispensabile, e dunque, chiedendo di scegliere, mette in moto una critica del possibile. Un bagaglio che impone di selezionare un vestito multiuso, un accessorio funzionale, persino un colore non invadente. Il bagaglio del grande viaggiatore diventa metafora di un modello di esistenza che vede nel “perdere” una forma di ricchezza, che sollecita l’affrancamento dai bisogni, che non teme la privazione del “senza”. Anche di fronte alle più torve minacce del mondo, la leggerezza di sapersi slegato dalla dipendenza tutta occidentale della “pesantezza” del corpo, e da ciò che a essa si accompagna, diventa un’ipotesi di salvezza. Viaggiare leggeri. Essere leggeri. Vivere leggeri. Gabriele Romagnoli centra uno dei temi decisivi della società contemporanea e della sopravvivenza globale e scrive una delle sue opere più saporite, il racconto di una rinascita, di un risveglio.
“Le vite che non hai vissuto hanno vissuto te. Ti hanno occupato, consumato. Sono state il tuo sogno ricorrente, la tua fantasia, qualche volta il tuo rifugio. Ma anche un pericolo perché, nella peggiore delle ipotesi, potresti farti rodere dall’invidia per quella persona che non sei stato, dall’odio per quell’altra che vive in te, ma soltanto lì.”
Recensione
In Corea del Sud c’è un’azienda che mette in scena il tuo funerale. Hai 30 minuti per scrivere il testamento, spogliarti, indossare una tunica senza tasche perché si muore come si è nati, senza nulla, ed infilarti in una bara che verrà chiusa per un po’ di tempo. Questo tempo è servito allo scrittore per fare le più importanti riflessioni sulla sua vita, su che cosa ha senso veramente nella vita e perché. Capisce che sono poche le cose veramente importanti nella vita, e le persone ancora meno e si contano sulle dita di una mano. Capisce anche che non bisogna mai stare sempre fermi nelle proprie convinzioni, che le grandi scoperte sono state fatte da uomini che hanno avuto il coraggio di uscire dal proprio stereotipo e scontrarsi con la realtà. Capisce che non si posso vivere due vite: quella che viviamo ogni giorno e quella del se, del forse e dei rimpianti. In fondo i grandi viaggiatori usano solo un piccolo bagaglio a mano, perché il superfluo ingombra, rallenta e molto spesso schiaccia. Un libro sul dovere di vivere appieno la nostra vita, di lasciar andare le cose meno importanti, i rimpianti e tutto quello che ci angoscia, forse così le 46 ore di felicità media di ogni uomo potrebbero aumentare. Più che un libro è un piccolo manuale di resistenza umana.
Titolo: Solo bagaglio a mano
Autore: Gabriele Romagnol
Genere: Saggi
Pubblicazione: 12 gennaio 2017
N° pagine: 87
Casa Editrice: Feltrinelli