Tutti gli anni, dal sette dicembre al sette gennaio, Palermo è in preda al demone del gioco: aristocratici, borghesi e modesti cittadini, giovani, vecchi e bambini sono vittime della medesima febbre. Sul tavolo verde si impegnano esigui risparmi o ricchi patrimoni nell’irrinunciabile rito collettivo delle feste invernali. Marò Pajno sta attraversando un periodo difficile, e il freddo che sente dentro non è legato solo alla pioggia che affligge senza sosta la città: da pochi mesi la sua storia con Sasà è finita – mentre la madre si ostina a chiederle implacabile a ogni visita perché non mette su famiglia – e, assodato che “la fimmina insoddisfatta mangia”, lei si è pian piano lasciata andare e ora si trova a fare i conti anche con qualche chilo di troppo. Come se non bastasse, il questore Bellomo, che le appare come un “damerino” interamente votato agli scatti di carriera, continua a stuzzicarla con rimbrotti e inviti a prendersi cura di sé, suscitandole un misto di fastidio e curiosità. All’alba dell’Immacolata viene trovato il cadavere di Saveria, giovane pasticciera figlia del boss Fofò Russo. Il questore ordina alla dottoressa Pajno di indagare su un delitto che in apparenza non ha alcun legame con il nucleo antifemminicidio che lei dirige. Marò è costretta a ubbidire, ma presto si accorgerà che troppe cose non tornano: è strana una rapina prima dell’apertura, quando la cassa è vuota, ma soprattutto chi mai a Palermo oserebbe prendere di mira la pasticceria Perla, di proprietà di un potente boss? Poco a poco la vicequestora troverà la grinta e la passione necessarie all’indagine, cercherà indizi nella famiglia della vittima e, inoltrandosi a fondo nelle maglie di un sistema tanto articolato quanto assurdo, arriverà a sfidare apertamente Fofò Russo, scoprendo che la battaglia di una donna non può che essere condotta a nome di tutte.
Si sentiva un’isola in mezzo al mare; nessuno sarebbe approdato alla sua spiaggia.
Il Natale si sente nell’aria, dai rumori ovattati e dai profumi di dolci che invade ogni via di Palermo. E sono proprio i dolci i peggiori nemici di Marò Pajno, che con lo zucchero ha un rapporto di odio amore: gli effetti si vedono nei rotolini di ciccia che impediscono ai pantaloni della divisa di chiudersi, dal suo malumore costante dopo la fine della relazione con Sasà. Il periodo non è certo dei migliori per iniziare una dieta perché le feste a Dicembre sono molte e la pioggia fa il resto. A distogliere Marò dai suoi guai personali ci pensa una rapina o quella che apparentemente sembra una rapina perché a nessuno passerebbe per la testa di rapinare la figlia di un potente boss. La sezione femminicidio che lei dirige viene sempre più coinvolta in questo caso e ogni tassello scoperto aprirà a Marò una scenario inaspettato. Anche in questo romanzo l’autrice ci porta per le vie della sua Palermo attraverso le ricette di dolci e i profumi dei suoi ingredienti. Mescolare e impastare diventa un’arte della seduzione, fianchi che si muovono e braccia che sudano, la cucina è come l’amore, ci vuole tanto impegno e passione. L’autrice in questa storia ci mostra i mercati, quelli rionali, quelli popolari, dove le bancarelle dei Palermitani mi mescolano a quelle degli Africani, odori e colori, spezie e pesce. La spesa è un piacere oltre che un dovere e diventa anche un momento di indagine perché qualcuno ha visto ma non vuole parlare. Una delitto da risolvere, un intreccio tra italiano e dialetto perché certe parole non si possono tradurre e certi sguardi non si possono spiegare. Con questo libro continua la saga iniziata con Panza e Prisenza, Palermo e i suoi omicidi, la sezione dei femminicidi, il legame tra Marò e Sasà e l’allontanarsi di quest’ultimo. Marò capirà che esiste un momento per ogni cosa, anche quello per perdonare la madre ma soprattutto quello per far pace con se stessa.
Titolo: Il sanguinaccio dell’Immacolata
Autore: Giuseppina Torregrossa
Genere: Narratica contemporanea
Pubblicazione: 5 Novembre 2019
N° pagine: 237
Casa Editrice: Mondadori