Marocco ha quattordici anni e vive con il padre a Soccavo, un quartiere di Napoli. La madre li ha abbandonati qualche anno prima, senza dare più notizie di sé, e lui vive quell’assenza come una ferita aperta, un dolore sordo che non dà pace. Frequenta il liceo con pessimi risultati e le sue giornate ruotano attorno agli allenamenti e alle trasferte: insieme a Gioiello, Fusco e Petrone è infatti una giovane promessa del calcio, ma nemmeno le vittorie sul campo riescono a placare la rabbia e il senso di vuoto che prova dentro. Finché non accadono due cose: l’arrivo di Serena, che gli porta un amore acerbo e magnifico, e la proposta di Lunno, il suo amico più caro, che mette in discussione tutte le sue certezze.
Ma mia mamma, per me, era uno schiaffo in faccia, una ferita aperta.
Soccavo sta li, tra Arenella e Fuorigrotta, immobile, con le sue case e i suoi palazzi. Ed è proprio lì, in uno scantinato di quei palazzi che Marocco va incontro al suo domani, al suo voler diventare grande, diventare uomo. Marocco ha come un buco nello stomaco, come un vortice che lo risucchia, che risucchia ogni suo pensiero, ogni sua parola e ogni suo respiro. Questo vuoto nessuno lo colma: non la scuola ormai diventato solo un posto per spacciare e guadagnare, non il calcio perché anche se è una promessa a lui le vittorie sul campo non bastano, non il padre che che lo ama e lo odia allo stesso tempo e nemmeno i suoi amici. Ciò che lo tormenta è il suo metro di misura, la madre, che lo ha abbandonato lui e il padre per rifarsi una vita. Ogni cosa è riferita a lei, ogni pensiero è per lei, ad ogni passo e ad ogni respiro Marocco pensa a lei e cosa direbbe lei se fosse li. E’ un bisogno disperato della mano della madre, della sua voce, è un continuo grido di dolore perché quando sei ragazzo nulla conta se ogni momento ti porti dentro un vuoto che mai si colmerà. E Marocco continua a vivere a modo suo, ogni giorno, ogni momento e, senza accorgersene, arriva il giorno in cui conosce l’amore, l’amore che per un momento gli farà dimenticare il suo vuoto, l’amore che lo farà sognare. Ma a che serve essere felice se il mondo attorno a te crolla? Tagliente. Ecco la mia definizione non per questa storia ma per la scrittura di Alessio Forgione. La storia scorre veloce, ciò che lascia un segno indelebile è il suo meraviglioso modo di scrivere, tagliente, graffiante, che incide la pelle pagina dopo pagina perché il dolore che porta dentro Marocco arriva dritto sulla pelle del lettore. Il suo smettere di essere ragazzino e diventare uomo, il suo smettere di essere un bravo ragazzo e fregarsene della vita ma anche il suo smettere di essere felice perché quando diventi grande finiscono anche le gioie. Con una scrittura netta e precisa l’autore ci porta nella sua città, nel suo quartiere, tra quelle vie e palazzi che lo ha visto crescere, in quella Napoli che odia e ama tanto da arrivare ad andarsene per poi tornare sempre. Alessio Forgione è radicale, o si odia o si ama, per il suo modo di scrivere, per le emozioni di cui parla, per le storie di cui scrive. Non cerca scappatoie, non cerca di abbellire ciò che bello non è, la sua scrittura è così e basta, come i suoi personaggi e i loro tormenti. Ho amato questo autore già dal libro precedente e questo è stata una meravigliosa conferma della sua immensa bravura.
Titolo: Giovanissimi
Autore: Alessio Forgione
Genere: Narrativa contemporanea
Pubblicazione: 23 Gennaio 2020
N° pagine: 219
Casa Editrice: NN Editore