La storia di “Carne mia” finisce con due ragazzini che camminano ai margini di una strada, nel sud della Spagna. Qualche macchina passa accanto, rallenta, non si ferma; il ragazzo più piccolo, ancora un bambino, non smette di parlare, in un brusio continuo che si mescola al canto delle cicale. L’altro, invece, rimane zitto. Dai suoi pantaloni sbuca il manico di un punteruolo. Ma questa è la fine, prima c’è una vicenda ambientata negli anni Novanta al Borgo Vecchio, il quartiere popolare di Palermo incastonato ai margini della zona più prestigiosa della città. Qui la famiglia Montana campa grazie a una bancarella abusiva di frutta e verdura fondata dal padre. Poi una notte il padre, Calogero Montana, smette di tornare a casa, e la piccola attività dovrà essere portata avanti da moglie e figli. Due figli, Enzo il grande e Franco il piccolo, ma “il piccolo pare più grande del grande, e il grande più piccolo del piccolo”. Entrambi lasciano la scuola per aiutare la madre e Franco, gran lavoratore, si getta nel mestiere; il secondo, all’opposto, voglia ne ha poca, e diventa ancora più inaffidabile quando s’innamora di una ragazza che è peggio di lui. I due fidanzati diventano sempre più strani, magri, consunti, ed estorcono quattrini alla madre in continuazione. A Franco tutto questo non piace. E poi, a complicare le cose, arriva pure un figlio. Anzi, due…
Assieme a loro potrà essere infelice senza troppi picchi di disperazione. Come tutti. Come tutte le generazioni che di padre in figlio si tramandano il lascito di un’infelicità almeno ammissibile.
Siamo fatti di ossa e pelle, di organi e nervi ma siamo fatti soprattutto di carne. Ed è la carne che ci lega alle persone, agli amori e ai fratelli. Se non fosse la carne a legare Franco ad Enzo lo avrebbe già mandato via, fratello senza voglia di faticare e aiutare in quella misera attività ambulante ereditata dal padre sparito chissà dove. Ma anche per la carne a volte è troppo e allora bisogna fare ciò che deve essere fatto, non senza aver avuto l’approvazione di chi il paese lo comanda seduto su una sedia o dietro ad un bancone. Avuto il benestare Franco capisce che è arrivato il suo momento di diventare uomo e responsabile non solo per lui e la madre ma anche per il piccolo Calò che pure lui è un legame di carne. Le bugie sommate alle verità taciute servite all’inizio per proteggere Calò apriranno una voragine che nemmeno la verità saprà colmare e il dolore e la rabbia divoreranno la carne. Potente e doloroso questo libro narra la storia di una famiglia, di un destino già scritto a cui nessuno può scappare. Regole di vita tanto vecchie quanto moderne perché nonostante gli anni siano trascorsi la logica della vita e della malavita è rimasta la stessa. Decidere chi salvare per non affondare, scappare per ricominciare sperando che il destino non sappia attraversare il mare. Una storia tagliente che entra dentro al lettore piano e senza accorgersi il destino di Franco e Calò diventa il destino del lettore che vuole sapere anzi, deve sapere se alla fine la carne infettata può guarire o potrà solo che marcire. Uno straordinario romanzo su chi siamo veramente stati, anni fa, tanto tempo fa, quando vivere o morire dipendeva da un caffè.
Libro in collaborazione con SELLERIO EDITORE PALERMO
Titolo: Carne mia
Autore: Roberto Alajmo
Genere: Narrativa Contemporanea
Pubblicazione: 29 Settembre 2016
N° pagine: 290
Casa Editrice: Sellerio