Il romanzo è un’esplorazione attenta della prima realtà verso le sorgenti non inquinate della vita. L’isola nativa rappresenta una felice reclusione originaria e, insieme, la tentazione delle terre ignote. L’isola, dunque, è il punto di una scelta e a tale scelta finale, attraverso le varie prove necessarie, si prepara qui, nella sua isola, l’eroe ragazzo-Arturo. È una scelta rischiosa perché non si dà uscita dall’isola senza la traversata del mare materno; come dire il passaggio dalla preistoria infantile verso la storia e la coscienza.
Forse per questo, appena, andando in barca, io m’allontanavo un poco sul mare, subito mi prendeva un’amarezza di solitudine, che mi faceva tornare indietro. Era lei che mi richiamava, come le sirene.
Corre Arturo Gerace. Corre sugli scogli di questa isola che è la sua terra, la sua casa e il suo rifugio. Quest’isola che gli fa da madre accudendolo mentre aspetta il ritorno del padre. Corre Arturo sentendosi il re di quest’isola di cui il padre dice di esserne il padrone ma sempre in viaggio per mari e oceani. Non sente solitudine Arturo sempre in compagnia di Immacolatella mentre passa le giornate tra le rocce e il mare e le sere tra le fredde mura della Casa dei Guaglioni. Pochi amici ma grandi sogni, solcare il mare assieme al padre alla scoperta di terre e tesori, ecco cosa sogna ogni momento Arturo, seduto sogli scogli guardando l’infinito del mare che si incontra con il cielo. Poche volte ha cercato di allontanarsi dalla sua isola, ma ogni volta lo assaliva la nostalgia più amara che non poteva sopportare e rivoltata la prua tornava indietro, sull’isola. Il primo segno di tradimento lo ha intuito quando il padre portò nella Casa dei Guaglioni una donna, la prima dopo la morte della madre. Arturo ha cercato di odiarla ma la dolcezza e le sue cure lo hanno immancabilmente fatto innamorare. Il secondo segno di tradimento lo ha intuito quando il padre continuava ad andarsene, nonostante la moglie, nonostante il nuovo figlio. Ha sbagliato Arturo e dopo quello sbaglio non sarebbe stato più possibile per lui correre spensierato su quegli scogli, non avrebbe più potuto scorgere l’infinito del mare e allora forte è il dolore di dover abbandonare la sua isola, la sua amata Procida. Infinito, nel tempo e nello spazio, questo romanzo è il più grande capolavoro della magnifica Elsa Morante, scrittrice di fama mondiale le cui opere sono lette in tutto il mondo, sono state rappresentate nei teatri e nei cinema. Un romanzo di formazione che mi ha rubato l’anima, scritto in maniera magistrale ho provato le bellissime sensazioni di correre con Arturo tra gli scogli, camminare a fianco delle mura della prigione, sentire il canto dei detenuti e il rumore delle barche in partenza. Un capolavoro che non ha età, che spinge la mente del lettore oltre le onde, oltre il vento e il mare in burrasca. L’ho amato in maniera profonda e carnale…proprio come amo Procida.
Titolo: L’isola di Arturo
Autore: Elsa Morante
Genere: Narrativa contemporanea
Pubblicazione: 8 Febbraio 1957
N° pagine: 390
Casa Editrice: Einaudi